Accoglienza

Consiste nell’ospitalità che un gruppo di famiglie, costituite in comitato, offre ad un gruppo di bambini provenienti dalla Bielorussia (e ora dall’Ucraina). Per costituire un comitato e avviare il percorso di accoglienza è necessario che ci siano almeno 10 famiglie motivate, spinte cioè da spirito altruistico e di solidarietà.
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Cosa occorre

Non è necessario avere una casa ampia o grandi disponibilità finanziarie; non serve neppure conoscere la lingua, perché la comunicazione coi bambini è semplice e fatta di segni più che di parole.
Aderire al progetto significa garantire a un bambino un aiuto concreto e una speranza di vita migliore.
I bambini, tramite la Fondazione Aiutiamoli a Vivere, vengono in Italia in genere per un mese circa e una volta l’anno. Alla prima esperienza normalmente hanno un’età compresa tra 7 e 10 anni, preferibilmente in stato di bisogno fisico e/o psicologico, e possono provenire da famiglia o da istituto.
Insieme ai bambini arriverà un accompagnatore che conosce la lingua italiana e, se l’accoglienza avviene in periodo scolastico, una maestra in modo che ci sia almeno una figura di riferimento sia per gli ospitanti italiani che per gli ospitati bielorussi.
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Il bene del bambino

La Fondazione, fin dall’inizio del progetto accoglienza, si è posta seriamente la domanda: qual è il bene del bambino? Quale la forma migliore per aiutarlo?
Il problema è certamente complesso, ma il buon senso e il parere di persone esperte (assistenti sociali e psicologi) sono stati elementi importanti nella ricerca di una risposta alle domande appena espresse.
Sono stati messi a punto dei progetti finalizzati al miglioramento della vita dei bambini nel luogo in cui vivono e sono state stabilite per l’accoglienza alcune “regole”, tra cui la rotazione è una delle principali.
Dopo alcuni anni consecutivi in cui viene ospitato in Italia, il bambino lascerà ad altri la possibilità di vivere l’esperienza dell’accoglienza in famiglia, in modo che il maggior numero possibile di bambini abbia accesso a quella che per noi resta la forma di aiuto più concreta possibile.
Siamo convinti in questo modo di operare in buona fede per il bene dei bambini e, quantomeno, di produrre il minor male possibile. Questa nostra decisione è confortata anche dalle linee guida presenti nel documento congiunto ad opera dei Comitati Minori Stranieri e della Commissione Adozioni.
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Aiuto alle famiglie

La decisione della rotazione non va a minare il rapporto tra la famiglia italiana e il bambino, dal momento che non mancheranno le occasioni per tenere i contatti.
È importante ricordare, dal momento che non tutte le famiglie assimilano e si convincono dell’opportunità della rotazione negli stessi tempi e modi, che i problemi dei bambini ospiti sono spesso differenti. Non tutti hanno le stesse reazioni comportamentali nei confronti degli stessi stimoli o avvenimenti. La rotazione è dunque un possibile aiuto anche alle famiglie stesse e va attuata tenendo conto di questi fattori.
Perché ciò accada, tuttavia, è necessario che tra le famiglie ci sia dialogo, condivisione e aiuto reciproco: tutti indicatori che significano maturazione e consapevolezza della solidarietà.